“Per rendere l’idea dell’effetto che ha avuto su di me quella palla a spicchi, ricordo ancora oggi, come fosse ieri, il mio primo canestro di sempre, in allenamento, all’età di 6 anni”.
È servito l’intervento di un suo amico per convincerlo a fare una prova con la pallacanestro, e ci è voluto pochissimo tempo per capire quale sarebbe stato il suo futuro sportivo.
“Ho iniziato facendo pattinaggio a rotelle. Ma alla prima gara ho avuto paura e non l’ho fatta, avevo 4 anni”.

La carriera di Matteo Grampa parte dunque dal minibasket, in quella fascia di età dove molti bambini provano parecchi sport prima di trovare quello giusto, e in cui altri iniziano invece a coltivare la propria passione, che li accompagnerà per tutta la vita.
Nel suo caso, la voglia di giocare è veramente tanta e non trova sfogo sufficiente dentro le mura della palestra, negli orari prestabiliti dalle squadre, seguendo gli ordini dell’allenatore. “A 12 anni ho iniziato a giocare anche ai campetti, ci andavo spesso con i miei amici appena finiti gli allenamenti, oppure d’estate, con mamma che mi portava alle due di pomeriggio e tornava a prendermi alle otto di sera”.

A Busto Arsizio, città natale che ha cresciuto Matteo, il movimento streetball è sempre stato molto solido, merito dei numerosi appassionati e di un campetto in particolare, il Saint Louis Playground. “Tutti i sabati, dall’una e mezza, si giocava senza sosta. Io ero tra i più piccoli e delle volte mi capitava di avere la partita di campionato la sera, ma non potevo mancare l’appuntamento al campetto e farmi trovare pronto quando i grandi mi chiamavano per giocare”.

Nel 2011, a Cesenatico, si giocano le prime finali nazionali di basket 3×3, organizzate per radunare gli appassionati del basket di strada da tutti Italia, con poche regole e nessun tipo di riconoscimento ufficiale da parte di qualche federazione. È presente anche Teo, chiamato così dai suoi compagni, con una squadra di amici con poche ambizioni ma molta curiosità misurarsi contro giocatori provenienti da tutta la penisola. “Quell’anno iniziavo a capire che questa strana variante del solito basket giocato in palestra avrebbe potuto darmi molte soddisfazioni. Ero forte nell’uno contro uno e avere tutti quegli spazi in campo mi permetteva di segnare facilmente”.

Intanto il 3×3 cresce come sport in tutto il mondo, viene riconosciuto da FIBA come disciplina ufficiale e inizia ad adottare regole ufficiali che sembrano trovarsi perfettamente con il giovane “baller” di Busto. Una in particolare lo fa decisamente felice: “Il pallone misura 6 e peso 7. Un po’ più piccolo di quello da 5vs5 ma con lo stesso peso, perfetto per chi, come me, vuole avere spesso la palla in mano e ha bisogno di un buon controllo nonostante il ritmo intenso”.

Ma come in tutti gli sport, non si vince da soli e trovare i compagni giusti può richiedere parecchio tempo e diversi tentativi. La chiamata decisiva per Matteo arriva da uno dei primi pro team di 3×3 in Italia, i Kings of Kings di Milano, capitanati da Charlie Fernandez, attuale team manager e ai tempi giocatore e motivatore della squadra.

Nel 2014, le finali nazionali si sono spostate a Riccione e il livello dei giocatori è aumentato notevolmente, a completare il roster con Charlie e Matteo, ci sono Bryant Piantini e Westher Molteni. “Era il primo anno che giocavamo insieme e, pur essendo conscio del nostro potenziale, non c’erano certezze sul poter arrivare fino in fondo. Ai quarti di finale incontravamo Awudu Abass nel pieno della sua crescita, e la sua squadra. Dopo averli battuti e soprattutto dopo aver giocato un’ottima partita con le nostre caratteristiche che si completavano alla perfezione, ho capito che potevamo diventare un team vincente”.
E così è stato per parecchio tempo, oltre che per la squadra, proprio per Teo che non si è mai accontentato e ha sempre cercato nuovi stimoli, nuovi avversari, talvolta anche nuovi compagni per completare il suo stile di gioco.

In parallelo alla sua crescita come giocatore, cresce anche lo streetball in Italia e, soprattutto, cresce la necessità di formare una nazionale in grado di ottenere buoni risultati fin da subito, in uno sport ancora poco conosciuto ma con grandi margini di crescita. “Ai primi raduni, il livello dei giocatori nel mio ruolo era molto alto. Dovevo giocarmi il posto con giocatori del calibro di Gionata Zampolli e Giacomo Mariani, ovvero coloro che sono stati tra i primi a vestire la maglia azzurra. Questo fatto mi ha motivato parecchio, mi ha spinto a migliorare il mio gioco e sfruttare tutta l’esperienza maturata nei campetti”.

La primavera del 2019 è il momento buono. A San Juan, Porto Rico, si giocano le qualificazioni per i mondiali e Matteo non soltanto riceve la convocazione dal coach Andrea Capobianco, ma è anche il giocatore più esperto della squadra che si trova ad affrontare un compito difficilissimo. “Avevo più o meno le otto ore del volo per spiegare a Daniele Sandri e Aristide Landi, giocatori di categoria più alta della mia ma che non avevano mai giocato 3×3,  come funziona questo sport e, soprattutto, come si può vincere a questo sport. Non avevamo mai giocato insieme e sapevamo che avremmo incontrato squadre che si stavano preparando da settimane. Sentivo comunque di dover dimostrare di essermi meritato quella maglia e penso di aver dato sul campo tutto quello che avevo. L’obiettivo della qualificazione purtroppo non è stato centrato, ma credo fosse difficile fare meglio”.

Nonostante la sua giovane età (29 anni a fine luglio), vede il futuro come il prossimo palcoscenico per i giovani che si stanno ambientando in fretta nel mondo 3×3. “La nazionale U23 composta da Fumagalli, Mascolo, Di Bonaventura e Totè ha dimostrato di essere molto competitiva all’ultimo mondiale di categoria. Se pensiamo che quattro o cinque anni fa era difficile imparare e adattarsi al nuovo regolamento e ai suoi continui cambiamenti, oggi invece possiamo dire che il livello è diventato cento volte più alto”.

Lo dimostra anche il primo campionato italiano di 3×3, giocato la scorsa estate e vinto, tanto per cambiare, dai Kings of Kings con Teo Grampa sempre presente e decisivo, e dove si sono visti giocatori professionisti e semi-pro. “Questo non può che alzare il livello di gioco di tutti quanti. L’obiettivo sarà poi quello di riuscire a portare, in pochi anni, una squadra che possa essere competitiva nel World Tour FIBA, dove si scontrano le migliori squadre al mondo”.

Il futuro prossimo sorride molto meno a Matteo, così come a molti “ballers” come lui, dato che, causa Covid-19, non soltanto l’intera stagione estiva, ma anche gli eventi finali per trovarsi a giocare e festeggiare tutti insieme rischiano di saltare. “Dal 2011 fino all’anno scorso, ho partecipato a tutte le finali nazionali. Addirittura un anno ho giocato quattro mesi dopo essermi operato al crociato, quando teoricamente dovresti lentamente riprendere a correre, di certo non giocare sul cemento. Il pensiero che quest’anno rischiamo di rimanere fermi lascia un vuoto notevole dentro di me, non soltanto per la parte giocata, ma anche per il fatto di non rivedere persone con cui, in tutti questi anni, si è creato un legame di amicizia nato proprio sul campo”.

Domenica, ore…
00:00 – dichiari l’ultima bevuta della serata, domani hai il torneo per cui ti sei preparato tutta la settimana.
00:01 – è il compleanno del cugino dello zio del nonno del barista, giro offerto.
01:00 – hanno offerto tutti un giro, tranne te.
01:10 – non ti sei portato troppi soldi dietro perché ti serviranno domani per l’iscrizione e il pranzo.
01:15 – ti sei portato il bancomat.
04:00 – dichiari l’ultima bevuta. Della vita. Lo fai sempre dopo il quinto gin tonic.
08:30 – suona la sveglia.
08:35 – suona il telefono.
08:40 – suona il citofono.
09:00 – senza dare risposte, sei salito in macchina con i tuoi compagni, con tutto il necessario: infradito, cuscino, occhiali da sole e lo stesso zaino con la roba dentro dall’ultimo torneo.
09:20 – dopo una rapida colazione, siete finalmente in viaggio. Durata prevista: 45 minuti.
09:30 – si apre il check-in. Alle 10:00 la prima partita.
09:35 – “Guarda ci dispiace un casino ma siamo in ritardo, abbiamo bucato una gomma”. “Che sfortuna, è il quarto anno di fila che vi succede, sempre la mattina del nostro torneo.”

10:00 – In qualche modo arrivi puntuale, paghi l’iscrizione, ripassi il regolamento, ti cambi velocemente a bordo campo, preparandoti al primo momento più difficile della giornata.

10:01 – ti togli gli occhiali da sole.
11:30 – recuperi finalmente la vista.
11:35 – ti raccontano che avete perso la prima, vinto la seconda contro una squadra di under 14, sei a 0/18 dal campo e hai lasciato lo zaino con l’acqua fresca sotto il sole.
12:30 – inaspettatamente il pranzo è offerto dal paninaro sponsor dell’evento. Il menù recita: panino cotto e cipolla, panino salame e cipolla, panino vegetariano con doppia cipolla. Al primo boccone di cipolla che mandi giù, il terzo e il quarto gin tonic vengono a chiederti cosa c***o ti è passato per la testa.
14:00 – l’ora più calda del giorno, la lattina ghiacciata di coca appena finita, un panino da digerire, un paio di gazeboo che fanno ombra, l’odore di cipolla sotto quei gazeboo, potrebbe andare peggio…
14:30 – giochi la prossima partita tra mezz’ora ed è decisiva per passare il girone, non poteva andare peggio.
15:00 – finalmente ti ricordi, insieme ai tuoi compagni, che sei campione in carica di quel torneo da 3 anni di fila. Vincete 21-8.
16:00 – festeggiate il passaggio del turno con una pinta di bionda fresca ciascuno. Il quinto gin tonic, spalleggiato dai due chupitos, ti chiede se per caso ti sei anche bevuto il cervello.
18:00 – ottavi di finale in scioltezza, quarti di finale con qualche difficoltà, semifinale vinta al supplementare, dopo averla pareggiata allo scadere e vinta nell’overtime con una bomba di tabella.
18:01 – scopri che gli ultimi avversari che hai incontrato, questa domenica, probabilmente non andranno a messa.
18:30 – inizia la quarta finale consecutiva. Non ti senti per nulla appagato, vuoi vincere anche quest’anno.

18:31 – scegli il possesso al supplementare, visto com’è andata in precedenza. 4-0 di parziale per gli avversari, non il migliore degli inizi.
18:33 – 7-2. Sempre peggio, le gambe non rispondono, i riflessi sono lenti, i tuoi compagni che sanno che hai fatto serata, iniziano a guardarti male.
18:34 – 8-6. In piena rimonta. Hai iniziato a fare quello sai fare meglio. Stare in panchina.
18:36 – 14 pari. Difesa, rimbalzi, energia, sai benissimo che la si può vincere così. Cioè tirando da 2, perché vale doppio.
18:38 – Entrambe le squadre in bonus. Energie finite da entrambe le parti. Poi l’illuminazione, tra gli arbitri della partita, c’è quel ragazzo a cui, in una partita di campionato, avevi fatto sinceri complimenti per il suo operato.
18:39 – penetrazione, fallo, due tiri. Finta, contatto minimo, canestro e fallo, altri due tiri. Tiro da fuori per chiuderla, andrà corto di almeno un metro, svenimento immediato dopo il tiro. Fallo. Due tiri.
18:40 – 21-16. Game, set and match. E, per la precisione, vittoria del torneo per il quarto anno di fila.


19:00 – Premiazioni. Ai terzi classificati una vigorosa stretta di mano da tutto lo staff. Ai secondi un buono da 50€ su una spesa di almeno 480€ al negozio di ferramenta di zona. A voi che avete vinto, cassa di birra e quattro buoni gratis dal paninaro che c’era a pranzo. Il premio per l’MVP, che ovviamente non sei tu, un ruotino di scorta per la macchina…
19:30 – decidete che, per festeggiare, le birre vanno aperte subito. Stavolta è il fegato che si presenta da te con un avvocato.
20:00 – la doccia che avete potuto fare nella palestra vicino al campetto, vi risparmia un lungo viaggio in apnea. Il ghigno che hai mentre ti addormenti in macchina, è per esserti ricordato, la mattina, le infradito e il cuscino.
22:00 – Gambe, braccia e testa vi porterebbero dritti a casa a distendervi su un letto. L’adrenalina post torneo, invece, vi porta al solito bar per vantarvi con gli amici.
22:05 – un flash improvviso ti porta a realizzare quanto fatto nelle ultime 22 ore. Stavolta non sono i gin tonic, nemmeno i chupitos, il fegato e i muscoli rimangono dove sono. Salta fuori quella piccola parte di orgoglio, piccola perché nata soltanto quando ha scoperto questo mondo, ti da un paio di pacche sulla spalla, dicendoti: “tranquillo, lo sai anche tu, passeresti ogni giorno così, perché ami questo sport.”
22:06 – Ti interrompe il portafoglio: “tranquillo, lo sai anche tu, non arriveresti a metà mese”.
23:59 – dichiari l’ultima bevuta della serata, domani hai la presentazione a lavoro per cui ti sei preparato tutto un mese.
00:00 (del lunedì) – è il compleanno del barista…



Finale del Bayer FISB Italian Tour.

#Voto10: il pianto finale di David Restelli. L’avranno notato in pochi, ma merita il voto più alto qualcosa che, alla fine, ha fatto quasi commuovere anche me. Un pianto di tristezza, perchè dopo risate e nuove amicizie, è già finito tutto. Un pianto liberatorio, perchè dopo ansie e tensioni, è finalmente finito tutto. Ma poi, finito cosa? Caro pres, quest’anno ti è andata bene, e il prossimo anno, ti tocca di nuovo!

#Voto9: Kings of Kings Milano. Hanno vinto il primo tour italiano di 3×3. Hanno costruito un team ideale per il 3×3. Hanno vinto, talvolta dominato, poi hanno perso, hanno imparato dagli sbagli, e hanno vinto di nuovo, quanto bastava per essere i primi della classe. Forse ce li aspettavamo almeno in finale a Riccione, ma una partita persa non macchia la grande impresa fatta negli ultimi due mesi.

#Voto8: Team Libidine e Team FDC 4nci. Due squadre che hanno dato spettacolo per tutto il tour, con una degna conclusione nella finale di Riccione. Il primo, costante, a tratti spettacolare, in crescita continua dalla prima tappa, arriva ad un passo dall’abbracciare il sogno di portarsi a casa le Finals. Il secondo è difficile da decifrare, con i suoi continui alti e bassi. Dal vincere la tappa di Bolzano, ad uscire ai gironi nella tappa casalinga, dal regalare la prima vittoria agli ultimi in classifica, a regalarci un’impresa dopo l’altra, l’ultimo week end, che porta in casa 4NCI il secondo scudetto delle finali nazionali.

#Voto7: Team Cobram. Se l’anno scorso erano da voto 11, quest’anno le aspettative che si erano create, portano ad essere più severi con loro. In realtà è l’unico team che ha realmente provato a mettere in difficoltà i Kings, riuscendo a portarsi a casa ben 3 tappe, grazie agli imprescindibili Carlo Fumagalli e Dam Verri, e alla nuova e importante “scoperta” Ale Longoni. Negli ultimi due week end era invece lecito aspettarsi qualcosa in più. Dove sono mancati di più, loro sicuramente già lo sanno, dunque aspettiamoceli ancora più agguerriti per l’anno prossimo.

#Voto6: tutti gli altri. Non me ne vogliate se sembro troppo severo con Team Big Crew arrivata terza, o troppo buono con le ultime classificate Apulians Basket Team e Team 6thman Torino. E’ che alla fine, tutti quanti, abbiamo fatto il nostro. Abbiamo giocato questo master tour dopo che tanto abbiamo rotto le scatole per averlo, nelle location migliori, con gli arbitri migliori, contro le squadre migliori. Siamo stati bravi, spesso anche molto bravi, e soprattutto abbiamo preso parte a qualcosa che non può tornare indietro, e che può, anzi DEVE, migliorare. Chi si siede adesso, è perchè vuole chiedere il cambio, gli altri, puntino ad arrivare a 22, che non si sa mai.

#Voto4: a chi ancora fa la rimessa. “E’ bravo, ha del potenziale, ma non si applica”. Nel senso che molti di voi sono giocatori forti, esperti, con qualità tecniche e fisiche. Nei vostri anni di carriera 5vs5 avete imparato la regola del possesso alternato, i criteri di un fallo antisportivo, il passo zero. Però ancora fate la rimessa nel 3×3? Alle finali nazionali di questo “nuovo” sport? Davanti alle telecamere di Sky? Dunque, rimandati a settembre.

#Voto2: la pioggia. Per la prima volta, nella storia delle FISB Finals, le partite del sabato e della domenica sono state giocate in palestra, causa pioggia.
“Eh però può capitare che si metta a piovere, siamo in Italia, non nel Sahara.”
“E quindi, cosa ci posso fare??”
“Non saprei, per esempio una tensostruttura che possa coprire il campo in piazza?”
“Eh certo, e ce la paghi tu??”
“No, ma fate una cosa talmente figa, che mancherebbe solo più quello per essere tra i migliori eventi d’Europa!”
Così, per dire..

#Voto0: a chi ancora ancora crede di poterci mettere i bastoni tra le ruote. E’ semplice, ma forse non così tanto. Il nostro progetto è utile allo sport, lo sport prevede competizione, la competizione si fa sul campo. Il resto sono chiacchere. E questo credo valga per tutto. C’è poi il caso particolare, non per forza obbligatorio, in cui si può essere bravi anche nelle chiacchere, seduti a un tavalo, davanti ad un birra, per conoscersi, rispettarsi, e per assurdo, diventare amici.

#MVP: vinto da Marco Giancarli del Team Downtown Aprilia nel sondaggio sulle instagram stories di “3xBrent”.

#MVT:
Loro, quelli in foto (più quelli che mancano ma che ci dovrebbero essere) senza pensarci troppo. Senza se e senza ma. Senza farla troppo lunga. Questo tour è nato grazie a loro. Ha preso forma grazie a loro. È cresciuto grazie a loro. Ho potuto fare questo vagamente simpatico pagellone, grazie a loro. Quindi grazie, di cuore. Complimenti per quest’anno. E auguri per i prossimi. Che già lo sapete, diventeranno “volatili per daibetici” per tutti…

8^ tappa del Bayer FISB Italian Tour.

#Voto10: Team 6thman Torino. Mancava la “favola” sportiva in questo tour, ed è prontamente arrivata con il team torinese. 14 sconfitte in altrettante partite, 7 tappe senza mai passare il girone, arrivano così alla tappa livornese giocandosi soltanto la faccia di quelli che non vogliono terminare a zero il tour. Perdono la prima e vincono, di due punti, arrivando a 21, col punteggio in bilico fino all’ultimo, la seconda. Come se non bastasse, riescono a passare il turno e i quarti di finale, per fermarsi poi al quarto posto. Dietro tutto ciò, Savo, Albi e Danny e lasciare tutte le energie rimaste sul campo per strappare quel risultato, e il sottoscritto, quasi sempre dalla panchina, a ripassare le lezioni di catechismo pur di ottenere la vittoria.

#Voto9: Team Big Crew. Avevano un obiettivo, e lo hanno raggiunto. Vincere la tappa, per confermare il terzo posto in classifica nel tour, ma non solo. Riprendere la giusta carica in vista delle “finals” di Riccione, riconfermarsi squadra di alto livello dopo l’inizio scoppiettante nelle prime tappe, il tutto con un roster in parte cambiato ma sempre sotto l’occhio attento di Niccolò Di Gianvittorio.

#Voto8: Team Libidine. Avevano lo stesso obiettivo di Big Crew e il non averlo raggiunto, non toglie valore e importanza alla grande tappa che i ragazzi di Cremona sono riusciti a fare. Arrivano per la prima volta in finale, dopo aver eliminato, nei gironi, l’altra squadra che lottava per il terzo posto, e dopo aver superato Cobram e Kings, rispettivamente seconda e prima classificata del tour. Vengono traditi proprio in finale dalle percentuali al tiro da fuori che, prima di quella partita, li stava portando a fare la miglior tappa di sempre.

#Voto6: al gran finale tra Kings of Kings Milano e Team Cobram. Che non c’è stato. Non si può certo dare meno della sufficienza a due team che hanno dato spettacolo e hanno lottato quasi sempre fino alla finale in tutte le tappe. I primi fanno ciò che basta, arrivando terzi, per garantirsi il primo posto nel tour, mantenendo il vantaggio che si erano costruiti, i secondi fanno ciò che possono, uscendo ai quarti, presentandosi con un roster più che rimaneggiato, e con Fuma e Red ormai stremati. Ci aspettavamo qualcosina in più… tutto lì.

#Voto4: allo speaker “Bisco” se anche solo una delle sue gufate “involontarie” fosse andata a buon fine. “Ormai è fatta”, “la partita si può considerare chiusa”, “questo è il canestro che decide il match”, e simili… sono soltanto alcune delle frasi usate dal nostro fedelissimo speaker che, forse per trovare un modo diverso per divertirsi anche nell’ultima tappa, decide di mettere a repentaglio la sua vita con alcune dichiarazioni non proprio ben viste dagli scaramantici. Eppure, alla fine, gli è andata bene, sempre. Veggente, o fortunato?

#Voto2: al “doppio tecnico” che una buona parte di noi, si è preso dal custode notturno dell’albergo. Per schiamazzi e volume troppo alto della voce. Un classico; e sia chiaro, era solo per divertirsi un po’ l’ultima sera del tour, ma una figura del genere non mi capitava, più o meno, dalla gita di terza liceo.

#Voto0: a ignoto. E che rimarrà tale. Eppure ritengo necessaria una piccola menzione “d’onore” a chi, nella vita, fa il mestiere del creare nuovi problemi, probabilmente per mancate capacità nel saperli prima risolvere. E ha chi pensa che se una cosa è bella e divertente, è sicuramente anche perfetta. Invece no, proviamo, sbagliamo, riproviamo, risbagliamo, impariamo e cresciamo, senza le vigliaccate che ci rallentano, ma con la fiducia che ci spinge avanti. Per esempio, vi siete fidati del pagellone fino ad oggi? Sì?? Allora so che non mi farete notare quell’H buttata dove non andava qualche riga più in su!!

#MVP: Filippo Cocchi. Capitano del Team Libidine. Capitano VERO dentro e fuori dal campo, sempre attento al ritmo partita per sapere quand’è gil momento migliore per lui o per uno dei suoi compagni. Porta la sua squadra in semifinale grazie ad una bomba decisiva allo scadere. E (ri)porta a casa Bimbo. Nessuno meglio di lui.

#MVT: non un team che gioca a basket. O meglio, non che lo fa “di professione” in questo tour. Potremmo chiamarlo il “team media” ovvero coloro che, dopo ogni tappa, ci fanno perdere ore e ore a guardare foto (sui social) e video (su Sky). Forse si poteva fare prima, ma non è mai troppo tardi per ringraziare, per l’incredibile lavoro svolto, Vince, Vite, Max e Sam.

In maglia giallo-blu, i ragazzi del Team 6thman Torino. In maglia blu i ragazzi del Team Libidine.

7^ tappa del Bayer FISB Italian Tour.

#Voto10: Bits Festival. Allo staff che ci ha accolto alla grande. All’evento che ci ha accolto al suo interno per una tappa precedenti. Una cornice del tutto nuova di cui questo tour aveva sicuramente bisogno. Musica, pizza, fritto di pesce, mozzarelle, birra, aria di mare, insomma una serie di cose che quasi ci dimenticava di dover giocare a basket… al tre contro tre, scusate.

#Voto9: gli arbitri. Non si può dare il massimo dei voti perchè sono loro i primi ad ammettere che sbagliano, come sbaglia chi gioca. La crescita però è evidente, i risultati anche, almeno per gli addetti ai lavori. Tengono in mano una tappa decisiva per la classifica, gestiscono alla grande una finale tesissima dal primo minuto fino al supplementare. Cosa più importante, si spiegano, si confrontano, scherzano o rispondono senza mandarle a dire, in campo e fuori. Perchè è anche giusto ricordare che, senza di loro, noi litigheremmo anche per un torneo di briscola.

#Voto8: Riccardo Bottioni. Non proprio l’ultimo arrivato nel mondo del 3×3, ma certamente uno degli ultimi arrivati in questo tour. Si presenta come validissimo esterno mancino per il Team Cobram, gioca, lotta, segna, e vince la tappa. Sarebbe da 10 e lode se non fosse per tutti quei tiri segnati dalla lunga distanza con mezzo alluce che pestava l’arco, che ha allungato la sofferenza degli ormai esausti Dam Verri e Ale Longoni.

#Voto7: Team FDC 4nci e il loro viaggio di ritorno. Voto che fa media tra un 10 per il coraggio e la determinazione dei ragazzi nell’affrontare ogni ostacolo, tra cui ritardo del treno, coincidenza persa, vagoni notte con letti comodi per una squadra di under 13, e un 4 (generoso) per Trenitalia che però sicuramente si sarà scusata per il disagio. Magra consolazione.

#Voto6: al bonus falli. 6 come i falli concessi prima di entrare in bonus e concedere due tiri liberi agli avversari dopo ogni fallo. Due tiri liberi spesso e volentieri decisivi, di notevole peso specifico soprattutto nel supplementare, e che tendono a rallentare, e non di poco, il ritmo frenetico del 3×3. Piacciono quando si vince, un po’ meno quando si perde, regola da cambiare?

#Voto5: a chi è partito per Salerno già il venerdì. Sicuramente, pensando: “così mi faccio una giornata di mare e sono poi fresco e riposato per il giocare il giorno dopo.” Sicuramente, non per tutti è andati così, ma ormai si è capito che questo tour non è proprio solo quello che succede in campo.

#Voto4: David Restelli. Il voto è riferito al momento preciso in cui, durante una fase concitata della finalissima, lui era in bagno. Pres, parliamoci chiaro, hai creato questo tour, stai portando il 3×3 in giro per l’Italia, monti e smonti campi almeno due volte a settimana, nel tempo libero hai anche un lavoro, e ti concedi il lusso di andare in bagno??? Che non succeda mai più eh.

#Voto2: agli “upset” (che non ci sono). Il 3×3, per formula e stile di gioco, è uno sport estremamente imprevedibile. Lo è un po’ meno il nostro tour, dove a vincere o perdere, sono praticamente sempre le stesse squadre. Merito di chi gioca bene, colpa di chi non riesce a migliorarsi oppure complice una buona dose di fortuna e sfortuna. Poco importa, per lo spettacolo serve una sorpresa, una novità, una cavalcata alla Leicester o una pugnalata alla Arya. Anche un colpo di testa alla Aldo.

#Voto0: Alessia Caron. In questo tour sono più le volte che Alessia ha resettato i 12 secondi, delle birre bevute da tutti i team, eppure per questa tappa ci “tradisce” preferendo la Nations League a Lignano Sabbiadoro. Lo zero non è tanto il voto per la decisione presa (con parecchio risentimento), piuttosto è il numero di volte in cui potrà ricapitare un fatto simile. Garantito (da lei).

#MVP: Alessandro Longoni. Bissa il premio ottenuto già nella tappa di Pescara, nulla in particolare da aggiungere rispetto a due settimane fa. Se non che stavolta vince anche, in tre senza cambi, alla sua settima tappa consecutiva e, cosa più importante, riconoscendo la cabala del togliersi la bandana poco prima della fine di una partita e consegnarla al sottoscritto.

#MVT: vinto dai Team Hammers nel sondaggio sulle instagram stories di “3xBrent”.

La location offerta dal Bits Festival di Salerno.