Quando si parla dell’evoluzione del 3×3, a tutte le latitudini, la storia che ognuno si auspica di raccontare è quella di una squadra, di un gruppo di amici, che dal “campetto”, playground, torneo sotto casa scala le classifiche locali, nazionali, continentali e mondiali, laureandosi campione del mondo, e di individualità capaci di illuminare con il proprio streetball il mondo.
Questa, più o meno, è la storia Nauris Miezis, fresco MVP del WT 2020 e neo-campione del mondo col team RIGA, proveniente da un torneo che è ormai un cult a livello globale, i Ghetto Games di Riga, Lettonia, appunto.
Grazie ai social e alla sua pazienza, eccovi 5 domande poste a quello che a mani basse è stato il miglior interprete del 3×3 mondiale del 2020 e che con il suo tiro dalla lunga ha messo in chiaro la supremazia lettone sui rivali di Liman nella tiratissima finale terminata 21-20 per i suoi.
“Riga è la nuova squadra campione del mondo 3×3, dopo aver battuto Liman in una finale mozzafiato ed aver alzato le braccia al cielo a Jeddah: quanto è stato difficile il vostro percorso, conclusosi con questo splendido successo?”
“Tanto, tantissimo! Ci siamo allenati tantissimo e molto duramente, con un preparatore atletico che si è dedicato a noi per le settimane precedenti alla trasferta di Jeddah. Negli anni precedenti ci siamo sempre più avvicinati a questo titolo, ma ci è sempre mancato qualcosa, in termini di fortuna a volte, o per poca esperienza. Ora però ci possiamo godere a pieno titolo questo grande successo, siamo finalmente dove volevamo, sul tetto del mondo!”
“Un torneo giocato in maniera perfetta, senza sconfitte e con un gioco di squadra splendido. D’altronde le vostre radici come team affondano nei Ghetto Games in Lettonia, un torneo duro ma che produce squadre di livello assoluto. Quanto sta crescendo la cultura del 3×3 in Lettonia anche grazie ai vostri successi?”
“Il 3×3 in Lettonia sta crescendo tantissimo! Siamo a un ottimo livello, e di questo possiamo essere orgogliosi e felici. Inoltre, e non è cosa da poco, ciò che ci rende molto orgogliosi di noi e del movimento che contribuiamo a creare sono la fiducia ed il seguito dei nostri tifosi e supporters.”
“Torniamo per un attimo a Jeddah: Liman 20, Riga 19, pochi secondi al termine del match e palla nelle tue mani…”
“Abbiamo parlato durante il timeout e sapevamo come portarla a casa. Ci hanno concesso una singola opportunità e noi l’abbiamo presa, nonostante fossimo stati sotto durante la finale, sapevamo che la nostra aggressività in difesa e il non arrenderci mai avrebbero dato i risultati che speravamo. Abbiamo avuto l’opportunità di vincere proprio perché non ci siamo arresi.”
“Uno sguardo al futuro, da campione del mondo: come pensi che siano cambiate le cose adesso?”
“Tutti i team ci hanno sempre rispettato, ma credo che il titolo portato a casa dimostri che ora siamo uno dei quartetti più temibili non solo per me o per Lasmanis, ma anche per Krumins e Cavars, per la nostra voglia, per la nostra preparazione, per i nostri allenatori e la fame che ci mettiamo, senza dimenticare Strelnieks, che si dimostra un grande giocatore e che ha dimostrato il suo valore sul campo”.
“Ed a proposito di futuro, i prossimi progetti e obiettivi tuoi e del vostro team?”
“Credo che nonostante tutto, nonostante il titolo del WT, l’MVP e la conquista del mondo, il 2020 abbia lasciato un vuoto enorme in noi del 3×3, che sono le Olimpiadi: sarebbe stata la prima volta della nostra disciplina in un palcoscenico olimpico, e attendere un anno per dover giocare è davvero complesso. Nonostante questo ci prepareremo al meglio, perché il nostro obiettivo sarà proprio quello: le Olimpiadi di Tokyo!”.
È normale, prima di tutto, pensare al perché non se ne parla da parecchio tempo.
È normale, come prima risposta, pensare alla pandemia e a tutto ciò che ne sta conseguendo negli ultimi mesi, in tutto il mondo, in tutti gli sport.
È vero, ma non ci basta. I limiti che ostacolano la diffusione del 3×3, soprattutto in Italia, sono ancora molti, al pari, quantomeno, dei potenziali fattori che potrebbero invece spianare la strada a questa strana versione, ma sempre più apprezzata, della pallacanestro.
Bisogna quindi tornare a parlarne, a discuterne, a progettare il futuro di qualcosa pronto ad esplodere, con il dubbio sul “quando” e non sul “se”.
E bisogna farlo guardando, leggendo, scherzando con le persone che conosciamo da tanto tempo ed appassionando nuovi possibili addetti ai lavori, il tutto con un bicchiere di vino rosso, che adesso fa più stagione della birra.
Perché non ci siamo dimenticati come si fa.
Vivere il 3×3 è un po’ come andare in bici, basta imparare la prima volta, poi non ti dimentichi più come si fa. Puoi cadere qualche volta, così come puoi riuscire ad andare senza mani e in ogni caso, inizierà a piacerti fin da subito.
Un’estate a stare fermi non significa aver dimenticato come si organizza un torneo, come lo si gioca e in generale come lo si vive. Gli anni passati, erano proprio i mesi di novembre e dicembre dove si cercava di prendere una pausa dal pensiero fisso in testa di quel basket giocato a metà campo. Con lo scatto dell’anno nuovo, iniziava il nostro calendario dell’avvento dove sui social e con il passaparola tra colleghi, uscivano, poco alla volta, le novità su quella che sarebbe stata la stagione estiva dei tornei.
Quest’anno, di tempo per non pensare al 3×3, ne abbiamo avuto fin troppo, e di tempo per organizzare qualcosa la prossima estate, potrebbe servicene molto di più, poiché l’incertezza su molti aspetti sarà ancora padrona almeno nei primi mesi del 2021.
E dato che non ci siamo dimenticati come si fa, parliamone, ora.
Perché il 3×3 sarà anche un altro sport, ma è pur sempre basket.
E il basket ci piace davvero un sacco. Ce ne siamo accorti ancor di più quest’anno, che ce l’hanno tolto per molto tempo, dappertutto, da giocare e da vedere. Poi è tornato, a singhiozzo, lentamente, con pochissime certezze, ancor meno privilegi rispetto ad altri sport, e soprattutto con quel velo di paura del possibile contagio del virus.
La passione però è rimasta intaccata e la voglia di giocare ci fa resistere a fatica dallo stare lontano dal campo; quando ci si avvicinerà pian piano alla normalità, anche nel mondo sportivo, il desiderio di passare del tempo con una palla in mano e qualche amico, sarà ancora più forte degli anni precedenti.
Dobbiamo dunque arrivare preparati a quel momento e non possiamo fingere che il 3×3 non esista, ma nemmeno darlo per scontato.
Il 3×3 svolgerà infatti un ruolo fondamentale nella ripresa della pallacanestro in generale, dai “minors” in astinenza ai professionisti in cerca di visibilità, da chi vuole tornare a vivere l’aria di festa di un torneo a chi necessita nuove sfide e competizioni per alzare il suo livello di gioco.
Dobbiamo arrivare preparati, appunto… Quindi parliamone, ora.
Perché ci ricordiamo dove eravamo rimasti?
Era inizio marzo, del Covid si capiva ancora ben poco e la nostra ingenuità non ci faceva presagire il peggio (sportivamente parlando).
Tipo l’annullamento delle olimpiadi.
Ad inizio marzo, eravamo ancora tutti convinti di vedere l’esordio del 3×3 a Tokyo, con 8 nazionali maschili e 8 nazionali femminili. Prima del grande evento, dovevamo sapere chi ne avrebbe preso parte; due tornei di qualificazione avrebbero regalato gli ultimi biglietti per il Giappone e la nostra compagine femminile partiva come quarta testa di serie al primo pre-olimpico in programma. Un’impresa sicuramente difficile già soltanto per la pressione che mettono quei cinque cerchi colorati, ma sicuramente non proibitiva per una nazionale che è già salita una volta sul tetto del mondo, e nemmeno troppo tempo fa.
Insomma, eravamo rimasti bene, molto bene, quasi oltre le nostre aspettative, se pensiamo da dov’è partito il nostro movimento qualche anno fa, e in linea con il nostro orgoglio, se pensiamo a quanta passione hanno dedicato alcune persone.
Quindi ripartiamo da lì, e puntiamo in alto, perché abbiamo avuto parecchi mesi per sognare e fissare il vuoto dal nostro balcone di casa, e ne avremo altrettanti per trasformare quei sogni in qualcosa di concreto.
Come si fa? Non saprei, ma parliamone, ora.
Perché in realtà non è rimasto proprio tutto fermo.
Qualche temerario si è visto anche quest’anno. I “semper fidelis” del nostro movimento si sono visti sul campo nelle poche occasioni offerte da altrettanti temerari organizzatori che sono riusciti a non far perdere del tutto le nostre abitudini estive.
Lo stesso ha fatto FIBA, riuscendo a tenere in piedi 4 tappe master che hanno decretato i 12 team che parteciperanno alle finali a Jeddah il 18 e il 19 dicembre.
Per non tradire le aspettative di questo sport, le sorprese non sono mancate, come gli ottimi piazzamenti dei team lituani (Utena e Sakiai), o un particolare cambio di rotta del metro arbitrale che ha visto molte partite con il bonus falli esaurito nella prima metà gara. Ci sarebbero molti spunti tecnici e di sviluppo delle squadre che andrebbero approfonditi, e indovinate un po’ cosa bisognerebbe fare affinché ciò avvenga.
Già, parlarne.
Ma non ora, prima vado a rivedere ancora una volta come Riga si è portata a casa il master di Doha…
Perché male non fa.
Anzi…
Con buona probabilità, la maggior di voi che sta leggendo questo articolo, ha scoperto il 3×3 partecipando ad un torneo vicino a casa, dopo le richieste insistenti di un vostro caro amico che non ha mai giocato a basket, ma a cui piace un sacco bere birra e prendere il sole facendo sport, soltanto perché diventa una scusa buona per bere altra birra.
Avete approcciato questo mondo con il giusto mix di spensieratezza e agonismo, bilanciando sempre le delusioni per un risultato mancato, con il piacere per aver conosciuto nuove persone appassionate almeno quanto voi. L’avete fatto mettendovi in gioco e rischiando grosso, perché almeno una volta avete rinunciato ad una vacanza con gli amici o al week end di coppia organizzato da tempo, il tutto per uscire in semifinale dopo un supplementare perso per una bomba di tabella.
Sono forse proprio quei ricordi e quelle sensazioni che più ci mancano, che ci rallegravano una chiacchierata tra amici, e mai come in questo periodo, abbiamo bisogno di qualcosa che faccia stare bene, che non ci appesantisca troppo la testa, già piena di preoccupazioni, e che ci strappi un sorriso, che diventa quasi una risata, mentre pensiamo a ciò che abbiamo fatto e che ancora potremo fare.
Brent